MUSE0 DUCA DI MARTINA
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Il
Museo Duca di Martina è ospitato dall'elegante
Villa Floridiana, appartenuta ai primi dell'Ottocento
al ministro della polizia del governo Murat Cristoforo
Saliceti ed in seguito passata ai suoi eredi i quali nel
1817 si videro costretti a svendere la proprietà
a Re Ferdinando Borbone; quest'ultimo affidò il
progetto della ritrutturazione all’architetto Antonio
Niccolini il quale, tra il 1817 e il 1819, attuò
il rifacimento neoclassico della villa e la ristrutturazione
dei giardini in sitle inglese.
La Villa è sede dal 1931 di una delle maggiori collezioni
italiane di arti decorative; oltre seimila opere d'arte
occidentale ed orientale, risalenti ad un periodo compreso
tra il XII e il XIX secolo, collezionate durante la seconda
metà dell’Ottocento da Placido de Sangro, duca di Martina,
donate nel 1911 alla città di Napoli.
Il duca, secondo figlio di Riccardo e di Maria Argentina
Caracciolo, nato a Napoli nel 1829 ed appartenente ad
un ramo nobiliare della dinastia borbonica, dopo i moti
unitari si trasferì a Parigi dove iniziò a collezionare
opere d’arte stringendo importanti rapporti con mercanti
e collezionisti d'arte e partecipando alle prime grandi
esposizioni d'arte universali.
La collezione nell'arco di pochi anni passò al
nipote del duca (1891) e, tramite la moglie Maria Spinelli
di Scalea, alla città di Napoli (1911).
Il Museo espone la collezione su tre diversi livelli:
il piano terra conserva dipinti, avori, smalti, tartarughe,
coralli e bronzi di epoca medioevale e rinascimentale,
maioliche rinascimentali e barocche e vetri e cristalli
dei secoli XV- XVIII, mobili, cofanetti e oggetti d’arredo;
il primo piano espone una raccolta di porcellane europee
del XVIII secolo costituita da nuclei delle più
importanti manifatture del Settecento, Meissen, Doccia,
Napoli e Capodimonte, porcellane francesi, tedesche ed
inglesi; il piano seminterrato offre al visitatore una
sezione di oggetti d’arte orientale, tra cui una
collezione di porcellane cinesi di epoca Ming (1368- 1644),
Qing (1644- 1911) e giapponesi Kakiemon ed Imari. |
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